martedì 3 giugno 2025

La Tredicesima Tribù - Eden's Guardian Volume 2

Romanzo di Fantascienza

Alla fine dell’ultima era glaciale una spedizione scientifica proveniente dal pianeta Thuban con lo scopo di classificare il pianeta Terra arrivò in un’area del Golfo Persico oggi sommersa dal mare. Come supervisore dell’Alto Commissariato per i Pianeti Eden c’era una giovane Kabyriana, Aalia Elkal. Non tutto andò come previsto ed invece di studiare gli ecosistemi si fecero esperimenti genetici su larga scala. Niente era come sembrava. La creazione di una razza potente ed immortale da parte dei Padri Creatori potrebbe portare all’estinzione il genere umano.

Disponibile su Amazon, Google, Kobo e su tutti gli store on line, su Google anche in formato audio libro

A seguire i primi due Capitoli da leggere gratis

Pianeta Eden

Nell’anno 57.12.57, l’assemblea generale dei Pianeti Uniti (P.U.) approvò la legge che istituiva i Pianeti Eden (P.E.).

L’anno seguente il Presidente emanò il decreto che istituiva l’Alto Commissariato dei Pianeti Eden (A.C.P.E) con pieni poteri sull’istituzione e la gestione dei Pianeti Eden.

Sono chiamati Eden i Pianeti in cui i processi naturali possono svolgersi senza influenze esterne, adibiti alla conservazione della biodiversità, delle risorse naturali e agli studi scientifici.

E’ fatto obbligo a tutte le spedizioni scientifiche e commerciali di segnalare all’A.C.P.E. i nuovi pianeti da esplorare e inviare il primo rapporto entro venti rivoluzioni del pianeta attorno alla sua stella.

Nessuna attività sul Pianeta in esplorazione è permessa senza l’autorizzazione dell’A.C.P.E.

I trasgressori saranno puniti con la massima pena esistente nel loro pianeta di origine con decreto inappellabile dell’Alto Commissario dei Pianeti Eden.

Per le leggi istitutive vedi la banca dati legislativa dei Pianeti Uniti.

Due arcieri ed una gita a Roma

Venezuela. Atuana Tepuy. 8 Aprile 2013. Ore 10:21.

“Roma”. Titus aveva appena finito la colazione. “Roma”. Non aveva detto una sola parola. “Roma”. Titus non pensava ad altro. “Roma”. A Roma era stato flagellato, crocifisso e gli avevano spezzato le gambe. Era morto appeso ad una croce di legno sulla Via Appia. “Roma”.  Quella parola faceva affiorare troppi ricordi sepolti. “Roma”. Era arrivato bambino a Roma con suo padre. La tenda di un legionario e lui a soli otto anni venduto come schiavo. “Roma”. Suo padre che si allontanava con un borsello pieno di sesterzi. “Roma”. Il generale Anco Marzio, Brutus, la Legione, i Pitti, le battaglie, il Vallo di Adriano. “Roma”. Una tomba, una lapide con tre foglie d’acero incise, Adsullata sepolta. Antonio che legge un libro. “Roma” Adsullata, la sua amata. L’amava ancora oggi, dopo quasi due millenni. Non aveva conosciuto nessun’altra donna dopo di lei e ne era orgoglioso e fiero, era il suo modo di ricordarla e pagare le sue colpe. La colpa di essere stato avventato, la colpa di aver pensato male del suo comandante, la colpa di avere agito d’istinto. Sua e solo sua era la colpa per la morte della sacerdotessa schiava. Per questo si aggirava inquieto e triste per la caverna senza un compito preciso. Si diresse verso la grotta degli allenamenti con la speranza che la fatica gli facesse dimenticare quella parola. “Roma”.

Ivan era scomparso da due giorni, da quando Milo e TJ, gli avevano portato quanto da lui richiesto. Si faceva vedere solo per i pasti e poi svaniva insieme ad Adam. Passava il tempo nell’armeria sui banchi di lavoro o al computer. Comunque era sempre indaffarato.

Autumn passava la maggior parte del tempo nel suo laboratorio clinico. Nessuno, tranne Jay, sapeva cosa facesse esattamente li dentro, ma era super impegnata con i suoi esperimenti. Da quello che si era riuscito a capire i test clinici riguardavano il sangue di Jay e la mutazione genetica del simpatico Nick.

Milo, Jay ed Antonio erano impegnati a preparare il viaggio a Roma. Non sapevano cosa sarebbe successo in seguito alla telefonata che Jay doveva fare. Volevano essere pronti ad ogni evenienza e di conseguenza cercavano di studiare un piano che comprendesse sia la cattura di Nilus Blackhill sia delle vie di fuga sicure per loro. Erano coscienti che Roma sarebbe potuta essere un incubo per tutti. Per quanto si impegnassero non trovavano aree adatte allo scopo, un eventuale scontro al 90% si sarebbe svolto nell’area di Piazza San Pietro, forse la zona turistica e religiosa più frequentata al mondo, ci sarebbero stati passanti anche nel cuore della notte e sarebbe stato molto pericoloso coinvolgerne qualcuno involontariamente. Erano in stallo anche con la via di fuga fino a che Milo intervenne.

«Perchè non la creiamo? »

«Cosa creiamo? » chiese Antonio.

«Una via di fuga. »

«Giusto, si può fare. » confermò Jay e senza perdere tempo «Computer! Dammi una mappa di Roma sul tavolo. »

«Eseguo Jay. » rispose immediatamente Computer.

Una mappa completa di Roma, con altissimi dettagli, fu proiettata sul tavolo. Restarono a guardarla in silenzio per un paio di minuti fino a che Milo ebbe un’altra illuminazione. Si avvicinò al tavolo, fece dei gesti in aria come se toccasse la mappa e mise in rilievo alcune strade che da Piazza San Pietro portano al Colosseo.

«Computer, colora l’area scelta di blu. Ecco: Colosseo, Via dei Fori Imperiali. E’ una strada dritta, si può andare alla massima velocità. E’ facile da chiudere al traffico. Dissestiamola un po’, le autorità saranno costrette a chiuderla, almeno per una notte. Che ne pensate? »

«Penso che si possa fare. Ed ho già una mezza idea sul come. » rispose Antonio.

«Ok, organizzate tutto. Appena pronti si parte. Ora andiamo a pranzare che ho fame. » aggiunse Jay prima di uscire dallo Skywalk.

Jay si diresse in silenzio verso la sala comune, era preoccupato, troppo preoccupato, non sapeva cosa aspettarsi a Roma. Quel Nilus Blackhill era un mistero così come lo era la Prima Tribù. Avrebbe voluto lasciare tutti al sicuro nella caverna ed andare da solo. Quale condottiero porta in battaglia la famiglia? Ecco! L’aveva ripensato, con lui nella caverna c’era la sua famiglia, non un esercito di soldati sconosciuti. Che sarebbe successo se qualcosa fosse andato storto? Non poteva permettere che qualcuno si facesse male. Per questo avrebbe preso tutte le precauzioni possibili e immaginabili così da tenere tutti lontano dal pericolo. Avrebbe usato Ivan come coordinatore alle comunicazioni. Quel ragazzo, tenuto al sicuro, in una sala controllo avrebbe fatto la differenza. La presenza di Autumn lo confortava, avere un chirurgo di guerra pienamente attrezzato con sè e la sua squadra era confortante.

Eve quel giorno aveva deciso per un barbecue di manzo e maiale, stava servendo costine e fiorentine annegate in una salsa piccante, il tutto accompagnato da patatine fritte alla francese. Erano tutti deliziati. Mancava solo Antonio che arrivò con ritardo, al suo ingresso annunciò che aveva tutto pronto per Roma e che per lui si poteva partire in qualunque momento. Jay si rivolse a Ivan chiedendo se sarebbe stato pronto per domani dopo cena, verso le 20. Partendo a quell’ora sarebbero arrivati a Roma attorno alle 6 di mattina ora italiana. Inoltre avrebbero trovato la residenza romana di Jay pronta per ospitarli.

«Sarò sicuramente pronto. »

«Ma cosa stai preparando di così complicato? » chiese Milo.

Erano due giorni che cercava di capirci qualcosa ma Ivan aveva eluso tutte le sue domande con la scusa della mancanza di tempo. E anche questa volta se ne era uscito semplicemente con “Sarà una sorpresa”.

«Bene! Allora è deciso. Domani sera partiremo per Roma. Preparatevi. » disse Jay prima di addentare la quarta bistecca.

Venezuela. Atuana Tepuy. 9 Aprile 2013. Ore 21:43.

La navetta era strapiena di materiale sanitario ed attrezzature mediche, Autumn aveva imbarcato la sua sala operatoria da campo. Ivan a sua volta si era presentato con una cassa enorme e con Adam al seguito, ormai i due erano inseparabili. Titus fu costretto a sedersi a gambe divaricate e con uno scatolone davanti a lui. Antonio come sempre era tranquillo, anche se sembrava evitare gli sguardi di Autumn. L’imbarazzo era evidente a tutti. TJ si divertiva ad osservarne il comportamento, quei due sembravano fatti l’uno per l’altra, ma quando se ne sarebbero accorti? Antonio non avrebbe mai corteggiato Autumn apertamente, era molto riservato e rispettoso per un corteggiamento.

Milo era ai comandi nella cabina di pilotaggio insieme a Jay quando attivò l’interfono.

«Mettetevi comodi, il viaggio durerà circa quattro ore, arriveremo a Roma alle sei di mattina ora locale. Signore e signori ora un po’ di spettacolo. Computer! Visuale. »

Dall’interno le pareti del Coso Volante sembrarono dissolversi, non esistere più, tutt’intorno a loro si vedeva la caverna. Poi la parete che dava sull’esterno cominciò a scorrere e la navetta si sollevò di un paio di metri scivolando lentamente fuori. Lo shuttle restò sospeso a mezz’aria fino a che la parete alle sue spalle si richiuse. Si trovavano addossati ad una parete rocciosa a mezza altezza, la vista era da brivido. Poi all’improvviso il Coso Volante iniziò a scalare la falesia fino a che ne raggiunse il ciglio, sotto di loro videro la piatta cima della montagna illuminata dalle stelle, la fantastica vista durò poco, la navetta fece una mezza rotazione, dopo di che prese velocità e loro ebbero la sensazione di volare liberi nel cielo. Ivan non fu felice di questa scelta, si teneva stretto al sedile con gli occhi chiusi, le vertigini lo stavano divorando, Autumn se ne accorse e pregò Milo di rendere opache le pareti, cosa che fu subito fatta.

«Scusami Ivan. » disse Milo mortificato.

«Non è colpa tua. »

Autumn prese un barattolino dallo zaino, lo aprì e tirò fuori una piccolissima pillola.

«Ivan, metti questa sotto la lingua, ti farà viaggiare meglio e per un po’ di giorni non avrai vertigini.»

Italia. Ovest di Roma. 10 Aprile 2013. Ore 6:27.

Atterrarono in una residenza lungo la via Pontina a circa 3 Km dal Grande Raccordo Anulare che circonda Roma. Lo shuttle entrò direttamente dentro un grande capannone e smise di ronzare. La botola nella sua pancia si aprì. Erano arrivati. Appena fuori da quell’hangar improvvisato videro una porta dell’edificio allo loro destra aprirsi ed una figura stagliarsi sull’uscio, si mosse velocissima, ad Ivan sembrò muoversi a scatti, in un attimo li raggiunse e si gettò tra le braccia di Jay. Lo riconobbero tutti, era Nick il bibliotecario. Finiti i soliti convenevoli con Jay abbracciò tutti gli altri affettuosamente. Ivan, aveva smesso di farsi troppe domande, ormai accettava tutto come naturale. Nick lo lasciava perplesso, era così vecchio da dover essere morto, ma lo aveva davanti vitale come un bambino... “si un bambino” ci azzeccò.

«Mr. Sokolov, sono felice di vederti. Peccato per la nostra bella Maple. Jay mi ha giurato che la ricostruirà meglio di prima e tu ed io saremo di nuovo lì. »

«Lo spero Nick, mi accontenterei anche della vecchia Maple. Come stai? »

«Bene, bene, io sto sempre bene, qui si sta bene, si mangia bene e siamo a Roma, Caput Mundi, ci sono tante biblioteche qui. »

La Villa come tutto quello che riguardava Jay era enorme. Il salone d’ingresso era già stato pulito, il pavimento tirato a lucido, le pareti erano ripiene di antichi quadri rinascimentali e statue antiche che avrebbero fatto gola ai migliori musei del mondo, un grandissimo tavolo occupava il centro dell’enorme sala, forse originariamente usata come salone delle feste da qualche nobile patrizio romano. Sulla parete opposta all’ingresso due enormi rampe di scale con balaustre in travertino di Tivoli. Sotto le rampe una grande apertura a tre ante, portava negli alloggi che in passato venivano occupati dalla servitù. Lì Nick aveva allestito i loro alloggi, i piani nobili superiori erano inutilizzabili. Jay chiamò tutti a raccolta.

«Finite di sistemare tutto e durante la colazione ci organizzeremo sul da farsi. Buon lavoro a tutti. Ah... Ivan posso parlare con te? in privato? »

Ivan sussultò, sperava si trattasse di Anne, ma non fu così. Jay ormai amava quel ragazzo e poi se non lo avesse trattato bene chi lo avrebbe raccontato ad Anne?

«Dimmi Jay, notizie di Anne? »

«No, no, ancora no, purtroppo, sta bene e sa che sei con me. Presto la sentirai. Mi fai un favore Ivan?»

Ecco ora il povero ragazzo era nel pallone. La faccia di Jay era contrariata.

«Si, certo Jay. »

«Prima di smontare un’altro pezzo del Coso Volante mi avverti? »

Ivan impallidì, se n’era accorto prima del tempo, voleva fargli una sorpresa.

«Sai, ho pensato che quella rampa che scendeva ogni volta che si apre la botola, fatta di quel metallo, fosse superflua nella navetta e l’ho sostituita con una rampa in acciaio. Con l’aiuto di Adam ho ricavato due potenti archi per Titus ed Antonio, da quello che ho capito le armi da fuoco sono difficili da utilizzare contro i Primi Nati. Poi ho ricavato delle fasce sottilissime che ho cucito all’interno di una tuta in cuoio per TJ che così potrebbe aiutarvi se ne avete bisogno. In più mi è avanzato un po’ di metallo sufficiente per qualche altra cosa. So che le armi e le armature dei Legionari vengono dal metallo ... »

«Ferma! Fermati! Non dire altro. So tutto quello che hai fatto. La prossima volta mi avverti prima? »

«Certo Jay! Scusami. »

Jay sorrise.

«Scusato, comunque benfatto. Ora andiamo a fare colazione, vediamo che ha preparato di buono Nick. »

Nick si dimostrò un cuoco alla pari di Eve, anzi meglio. Conosceva i libri di cucina a memoria, non sbagliava una cottura in nessun modo. La tecnica era perfetta, l’aveva amalgamata alla sua fantasia dando origine a piatti originali degni delle cinque stelle. Preparò un fantastico tiramisù accompagnato da cornetti caldi alla marmellata di mele cotogne ed uno splendido cappuccino. All’inizio servì un magnifico caffè espresso.

«Un po’ di attenzione prego. »

Jay aspettò qualche secondo e continuò.

«Il nostro Ivan ha dei regali per noi. Prego Ivan, facci vedere. »

Ivan si alzò frettolosamente, arrossendo, le sue posate volarono al centro del tavolo ed uno schizzo di marmellata calda con una perfetta parabola colpì Titus.

«Scusa, scusa, chiedo scusa Titus. »

Per risposta Titus assaggiò lo schizzo di marmellata.

«Buono! Ragazzo sei il primo nella storia a colpirmi in modo così dolce. »

Risero tutti. Ivan, sollevato, presentò i suoi regali.

«Adam porta tutto per favore. »

Il robot volante posò un scatolone enorme alle sue spalle. Ivan si girò e come un mago prese dei piccolissimi oggetti.

«Questi sono degli auricolari/microfono di nuova progettazione, sono a conduzione ossea, in pratica trasmettono le vibrazioni della voce, si mettono nell’orecchio. Sono stati ricavati dal Bluetooth dei cellulari. Funzionano a circuito aperto, si spengono e si accendono con un comando vocale. Con questo nell’orecchio potremo sempre comunicare. Chiaramente C. li ha criptati e non sono rintracciabili da nessuno. »

Poi tirò fuori dei cellulari Apple.

«iPhone, sembrano dei telefoni normali, sono stati modificati, è come avere Computer sempre con voi. Lo potete interrogare direttamente a voce. »

Alla fine presentò quelle che sembravano delle spille piccolissime.

«Videocamere HD, miniaturizzate, da indossare come spilla o bottone, trasmettono tutto a Computer, si possono gestire anche con i telefoni. »

Ivan si rivolse a TJ prendendo una tuta dallo scatolone.

«Questa è per te. E’ una tuta tattica a due strati di cuoio, all’interno ho cucito delle fasce di metallo blu come armatura, in più ho inserito nel tessuto il telefono, l’auricolare e le videocamere. Attivi il tutto con i comandi vocali, usa questi come monitor a realtà aumentata, ti daranno un tattico di dove guardi al tuo comando. »

Ivan le passò un paio di occhiali fatti con una lamina sottilissima di metallo blu trasparente. Poi ne prese un’altro paio.

«Questi occhiali sono per te Milo. Nella tua armatura ho messo tutto. »

«Bellissimi Ivan, grazie. » dissero in coro Milo e TJ.

«Per voi due. » disse rivolgendosi ai Legionari «Ho preparato questi. » mostrando due archi dall’aspetto fantastico.

«Sono preparati con lo stesso metallo delle vostre spade, potrete di nuovo utilizzare l’arco senza paura di spezzarlo. Ogni arco ha solo una freccia speciale fatta con lo stesso metallo, capite che tirata da voi attraverserebbe qualunque tipo di corazza, va usata solo in casi estremi e poi recuperata, ho messo un segnalatore all’interno della freccia. »

Non era finita, Adam mostrò due faretre di frecce con punta in acciaio di altissima qualità.

«Ogni faretra ha 100 frecce disponibili ed è divisa in due parti. Quella più grande contiene frecce normali, nella parte più piccola ce ne sono dieci con punta esplosiva ad alto potenziale. Gli archi sono stati tarati in modo da penetrare un cubo di acciaio di mezzo metro di lato, corrisponde da quanto raccontato da Jay alla resistenza del corpo di un Primo Nato con armatura. Per aiutarvi l’arco ha un meccanismo automatico per regolare la potenza. Ci sono tre posizioni, le ho chiamate PN1, PN2, PN3, corrispondono ad un Primo Nato da zero a cento metri, a duecento e a trecento. Poi c’è la posizione libera, dipende solo da voi. Capite che se la freccia attraversa il bersaglio può colpire chi c’è dietro. Se non sapete la distanza mirate semplicemente senza tendere l’arco, computer in automatico regolerà la posizione per la potenza. Per allenarvi ho portato il cubo d’acciaio. »

Adam prese il cubo e lo andò a posizionare in fondo alla sala. Titus si alzò ed andò ad abbracciare Ivan, aveva di nuovo la sua arma preferita. Antonio notò che Autumn guardava con occhi bramosi quegli archi, prese il suo, ringraziò di cuore Ivan, e si avvicinò a lei.

«Penso che tu lo apprezzerai più di me, io con l’arco sono sempre stato una schiappa. »

Autumn si alzò commossa, prese l’arco e nel farlo sfiorò la mano di Antonio che arrossì. In quel breve momento che ambedue tenevano l’arco, Autumn diede un bacio di ringraziamento ad Antonio sulla guancia. Il silenzio fu assordante intorno al tavolo. Ivan cercò di continuare, aveva in serbo solo un’altra cosa.

«Ho apportato una piccola modifica allo shuttle, nell’area botola ho ricavato dei ganci per un fucile mitragliatore a ricerca automatica del bersaglio, l’ho costruito insieme ad Adam, si aggancia in automatico e si può sparare giù, si usa con gli occhiali a realtà aumentata per individuare i bersagli. Questo è tutto, avevo altre idee ma non c’era tempo. »

«Magnifico Ivan. Grazie. Oggi testeremo tutto. » suggellò Jay.

«Il miglior Arco della mia vita.Guarda. »

Titus tese la corda e rilasciò, si vide solo la striscia d’aria lasciata dalla freccia, che si conficcò nella parete dopo aver attraversato, come carta, il cubo d’acciaio dello spessore di mezzo metro. Era un’arma micidiale e solo un Primo Nato o Titus la potevano gestire. Anche Autumn provò il suo nuovo giocattolo, tirava con meno forza di Titus ma quanto a precisione era perfetta.

«Titus! » era Jay «invece di distruggere la Villa con mia nipote venite a cena, poi faremo una piccola gita a Roma. »

Italia. Ovest di Roma. 10 Aprile 2013. Ore 20:20.

Dopo un magnifico piatto di spaghetti alla carbonara Jay non perse tempo.

«Signori stanotte renderemo inaccessibile la strada che da Piazza Venezia porta al Colosseo, la faremo chiudere al traffico, creeremo degli sprofondamenti. Ci interessa che le autorità chiudano la strada almeno per 24 ore. La useremo come eventuale via di fuga e la voglio libera, in caso qualcosa vada male, la voglio libera da passanti e auto, in questo modo eviteremo di far male ai Secondi Nati. »

Pendevano tutti dalle labbra di Jay.

«Avete provato la nuova attrezzatura? »

«Si! » risposero in coro.

«Pareri? Suggerimenti? Qualcosa che non va? »

Nessuno aprì bocca.

«Antonio, è tutto pronto per via dei Fori Imperiali? »

«Tutto a posto. »

«Ivan ed Antonio, noi tre andiamo a Roma con Titus. Milo spiega a TJ e ad Autumn come usare lo shuttle e le attrezzature di bordo. Computer? »

«Si.» rispose il Pc di Ivan.

«Ecco dove sei. Hai fatto pace con Tina Jane Russo? »

«Si Jay, meglio averla amica. »

«Concordo Computer. Tina Jane Russo autorizzazione massima. »

«Già concessa. »

«Computer! Prima o poi dobbiamo fare un discorso. Prima Adam, poi concedi a TJ massimo accesso senza il mio ordine. Che succede? Comunque, ne discutiamo dopo. »

«Sono sempre ai tuoi ordini Kenway Elkal. »

Tina arrossì vistosamente per l’autorizzazione di Jay mentre Milo si divertiva a quello scambio di battute. Jay amava sempre sdrammatizzare i momenti più gravi, riusciva ad allentare la tensione anche se questa volta era molto preoccupato per la telefonata che avrebbe preferito non fare. Ma la responsabilità che gravava su di lui era enorme, il destino di un’intera razza e forse dell’intero pianeta dipendeva dalle sue scelte.

«Non capisco perchè mi fai sempre viaggiare scomodo, la prima volta che ci siamo conosciuti per seguire un tuo consiglio ho attraversato la Gallia a piedi. » disse Titus lamentadosi come sempre.

«Lo sai che preferisco non dare nell’occhio, goditi il panorama, arriveremo prestissimo. »

«Va bene Jay, ma la prossima volta il mezzo di trasporto lo fai scegliere a me. Promettimelo! »

«Te lo prometto Titus. La prossima volta sceglierai tu. »

Dentro la Cinquecento, stretti da sentirsi male, Jay si accorse che Ivan si stava trattenendo. Come al solito non voleva dare fastidio.

«Ivan, fammi tutte le domande che vuoi. »

«Stavo pensando: perchè sto venendo con voi in macchina? Che posso fare? »

«Nulla, non farai nulla, metteremo gli ordigni, prepareremo la via di fuga. Tu guarderai con attenzione tutto il resto. Voglio che ti renda conto degli spazi in cui combatteremo se necessario. Per cui ci faremo una bella passeggiata. »

«Ok, Jay, questo è molto logico. Computer registra tutti i dettagli, mandami una sonda sul Colosseo. »

Antonio era un tipo molto silenzioso, non parlava quasi mai, ma questa volta non ce la fece.

«Un momento, un momento ragazzo. Come fai a stare collegato con Computer? Si trova nell’altra parte del mondo. »

Evidentemente durante le spiegazioni di Ivan attorno al tavolo Antonio era stato impegnato in altro modo, un modo di nome Autumn.

«Noo, no. Computer è con noi, è, anzi è anche all’interno dello shuttle, e noi lo stiamo usando attraverso i nostri auricolari. »

«Jay, questo ragazzo è un dono di Dio, non può essere altrimenti. »

«Concordo con te. Ecco perchè è con noi. Qualcuno ce lo ha mandato in tempo. »

«Un’altra domanda, se permetti. » aggiunse Ivan «E’ possibile far recapitare un telefono modificato ad Anne? »

Jay sorrise, se lo aspettava da Ivan, pur non volendo dare fastidio, sapeva esattamente cosa voleva.

«Ti prometto che lasciata Roma, Nick ne porterà uno ad Anne. Promesso. Così la sentiremo presto. »

«Grazie Jay, grazie. » ribattè Ivan con il cuore allegro per la notizia.

«Posso dire un’altra cosa? »

«Si, certo, dimmi pure. »

«Nick. Sembra vecchio, ma si comporta come un bambino, cos’è? E’ diverso. »

 

Il traffico per raggiungere Roma era come al solito caotico, Antonio aveva sempre odiato la confusione romana fin da quando andava a vendere il suo raccolto al mercato. I ricordi comunque gli affiorarono nella mente. Tutti i ricordi, tristi, felici, la sua famiglia, la sua casa. Cercò di non pensarci e per la prima volta rispose lui alla domanda di Ivan, sorprendendo tutti.

«Ti racconto io chi è. Fummo io e Titus ad imbatterci in Nick. Eravamo appena arrivati ad Aquisgrana, era l’anno 1748 e si stava firmando un trattato di pace che interessava l’intera Europa. Era il tramonto quando arrivammo alla piazza antistante la Cattedrale dov’è sepolto il mio buon amico Carlo Magno, che possa riposare in pace per l’eternità. »

Antonio si fece il segno della croce e dopo una breve pausa continuò.

«C’era una folla enorme che gridava come ossessionata “Brucia il diavolo, brucia il diavolo”, ci facemmo strada attraverso bambini che correvano divertiti, venditori ambulanti e villici che inveivano contro qualcuno, fino a che arrivammo a vedere meglio cosa stava succedendo. Al centro della piazza era stata eretta una catasta enorme di legna e sopra ad essa, legati a due pali, una donna ed un bambino. Ci avvicinammo ancora di più, quello che ci era sembrato un bambino era un vecchio, che sembrava non capire cosa stesse succedendo. La donna chiedeva pietà per il suo bambino, gridava ai preti presenti che sembrava vecchio perchè malato e non perchè indemoniato. Era pronta a baciare la croce, a bere l’acqua benedetta, a fare qualunque cosa, ma chiedeva salvezza per il bambino. Le fiamme del rogo stavano cominciando a lambirla ma lei pensava solo al bambino. »

Intervenne Titus nel racconto.

«Si, lo ricordo, e ricordo che ci guardammo in faccia e saltammo sulla legna, strappammo le corde ma i fumi avevano già soffocato la donna. Il bambino chiamava sua madre senza ottenere risposta e fu allora che mi accorsi che si trattava di uno strano bambino, molto strano, era dotato di una forza non comune e gli occhi gli erano diventati rossi. »

Titus si interruppe, capì che Antonio voleva raccontarla lui la storia.

«Scusa fratello, continua tu. »

«Va bene. Lo presi in braccio e saltammo verso la Cattedrale, da lì ci mettemmo a correre e in breve tempo fummo fuori dalla vista dei residenti. Ora avevamo un problema, avevamo interrotto la missione e qualcuno che cercavamo ci aveva visti. Comunque ne era valsa la pena. Salvammo un bambino, un Primo Nato bambino. Ci dirigemmo nel bosco dove Julius, volevo dire Jay, era in attesa di intervenire in missione. Appena vide il bambino lo prese in braccio, lo guardò dritto negli occhi e gli sorrise, Nick si calmò, divenne socievole e chiese un po’ d’acqua. Chiedeva sempre di sua madre, ma era morta, come fai a dire ad un bambino che sua madre è morta? Impossibile. Nick aveva bisogno di noi. Ci affezionammo a lui, era un bambino dolcissimo, sembrava un vecchio ma era un cucciolo di Primo Nato. Poi scoprimmo le sue qualità, imparò da solo a leggere, imparò a parlare latino, inglese e francese e chissà quante altre lingue ora conosce. Lui ricorda tutto, ogni odore, rumore, discorso, lo ricorda. Se legge un libro, lo ricorda. Ha una memoria pazzesca, peccato per la sua malattia. Poi notammo, a parte l’aspetto fisico, la sua lenta crescita mentale, il suo cervello attualmente e quello di un adolescente. Che Dio lo aiuti come ha fatto finora. »

Ivan tirò un profondo respiro, era rimasto affascinato da quella breve storia, difficile commentarla, si limitò solo a dire.

«Grazie della magnifica storia. Grazie per averlo salvato. »

Jay li interruppe «Ragazzi, siamo arrivati. »

Ivan vide il Colosseo per la prima volta nella sua vita e restò meravigliato. Quello era l’Anfiteatro Flavio, maestoso, antico, bellissimo, storico. Scesero dalla Cinquecento, Titus si stiracchiò e guardando il Colosseo fece un sorriso.

«Perchè sorridi? »

Era Jay che conoscendo bene Titus si aspettava tutte le sue lamentele per il semplice fatto di essere a Roma.

«Non so perchè ma mi è venuto in mente quello che feci a Talamonius, sarà stato il 318 dopo cristo. Una giornata fantastica. »

«Si, ricordo. E ricordo anche che per punire Talamonius hai fatto fallire il piano che avevamo per catturare un gruppo di Primi Nati. »

Ad Ivan sembrò stare ascoltando una lingua sconosciuta. La curiosità crebbe in lui a livello di guardia.

«Perdonatemi, ma di cosa state parlando? Chi era Talamonius? » chiese Ivan.

«Ti spiego tutto io in poche parole ragazzo, questi due non capiranno mai quello che feci realmente.» rispose Titus inorgoglito.

«Ti ascoltiamo, però sbrigati che abbiamo del lavoro da fare. E non raccontare frottole, tanto non sai mentire. » aggiunse Antonio, sintetico come sempre.

«Va bene, va bene. Ecco la storia in breve. Eravamo a caccia di Primi Nati, una banda che seminava morte ovunque passasse. Sapevamo per certo che qualcuno di loro si fingeva gladiatore, trucidare umani per loro era un divertimento. In quel periodo a Roma il gladiatore più famoso era un certo Talamonius, alle sue spalle aveva centinaia di scontri vinti. Era un uomo libero e lo faceva per professione. Era più alto e più grosso di Antonio. E sai che è quasi impossibile. Agli altri gladiatori incuteva paura solo con la sua presenza. Era osannato dalla nobiltà romana e le ragazze impazzivano per lui, pronte a concedersi. Lo conobbi in quanto mi finsi gladiatore, si è così, combattei nell’Anfiteatro Flavio. Alcune volte mi facevo sconfiggere per non dare nell’occhio. Fu in quell’occasione che lo conobbi. Un tipo a posto. Gioviale e splendido con tutti. Non usava mai la violenza in modo gratuito. Rispettava i suoi avversari. Un perfetto campione sportivo. Solo che aveva un vizio, anzi una perversione. Lo scoprii dopo alcuni mesi che lo frequentavo. Amava violentare le ragazze che non lo degnavano di uno sguardo. Le rovinava e quando veniva denunciato se la cavava sempre grazie alla sua fama gladiatoria. »

«La stai facendo lunga, vedi di stringere. »

«Va bene, va bene. Ho capito Antò. Allora. Una sera lo seguii e vidi che a sua volta Talamonius stava seguendo una ragazza, che scappava terrorizzata. Le arrivò alle spalle e la bloccò contro un muro per violentarla. Quella povera ragazza non aveva speranze. Mi lanciai giù dal tetto da dove lo osservavo e lo bloccai. Comunque, fu troppo tardi. Quella povera ragazza era devastata dall’abuso che stava subendo e cadde a terra morta, probabilmente per un infarto. Se fossi intervenuto prima l’avrei sicuramente salvata. Giurai a me stesso di fargliela pagare cara a Talamonius. No, non lo uccisi anche se lo meritava. Non potevo uccidere un umano. Era contro tutti i nostri principi. Feci in modo di colpirlo in quello che lui aveva di più prezioso, il suo orgoglio ed il suo corpo. Lo affrontai nell’arena. Nel Colosseo strapieno, quel giorno ci saranno stati più di cinquantamila spettatori, era presente tutta la nobiltà romana per assistere allo spettacolo. Scendemmo in campo. Il nome di Talamonius riecheggiava in tutta Roma. Tutti lo davano vincitore. Titus Hennius era la vittima designata. Si, usai il cognome di Antonio in quella visita a Roma, era divertente. Cominciò lo scontro. Talamonius fece il primo attacco, lo vedevo come al rallentatore, sembrava quasi fermo, lo guardai arrivare con calma, mi spostai quel tanto che bastava per farlo andare a vuoto e gli diedi una spintarella alle spalle, si spiaccicò contro la parete dell’arena. Si infuriò tantissimo, venne di nuovo alla carica che sembrava un toro e come tale lo trattai. Lo colpii al braccio e gli fece perdere la spada, la raccolsi e la lanciai ai suoi piedi. La prese e attaccò di nuovo, il pubblico era in visibilio, cominciava a gridare il mio nome, lo vidi arrivare come una furia, questa volta non mi scansai, parai il suo colpo e risposi fracassandogli lo scudo. Ci fu una specie di ola nel Colosseo. Buttai il mio scudo per fare il leale e rimasi ad aspettarlo. Attaccò di nuovo. Era un magnifico guerriero lo devo ammettere ma era anche un grandissimo bastardo e la doveva pagare. Parai i suoi colpi, come si fa con un bambino, poi lo feci cadere a terra e gli misi un piede sulla testa bloccandolo. Mi calai vicino al suo orecchio e gli dissi: “Talamonius hai una sola possibilità di vivere, confessa davanti a tutti quello che hai fatto e chiedi perdono alle tue vittime, distribuisci loro tutto quello che possiedi e lascia Roma per sempre. Non farai più il gladiatore ne qui ne in nessun’altra parte del mondo.” Gli tolsi la spada fracassandogli la mano destra. Aveva finito la sua carriera. Gridò per il dolore, chiese pietà ed acconsentì alla mia richiesta. Si alzò e confessò quello che aveva fatto. Non so cosa successe dopo, so solo che scomparve da Roma e di lui non si seppe più nulla, aveva pagato la sua perversione. »

«Ora che hai finito apri il portello posteriore dell’auto e prendi i tubi d’acciaio. Quelli marchiati in rosso dalli ad Antonio, i blu dalli a me. Attenzione che i blu fanno veramente male. » disse Jay mentre prendeva due enormi mazze.

Antonio aveva preparato dei tubi d’acciaio carichi d’esplosivo, aveva inserito dei radio detonatori e da un lato del tubo aveva creato una punta conica per facilitarne l’infissione nel terreno. La quantità e la potenza dell’esplosivo cambiavano completamente passando dai rossi ai blu. I tubi rossi servivano per creare delle piccole voragini in modo da costringere le autorità a chiudere la strada al pubblico, i blu servivano per creare delle trappole sotto i piedi di eventuali inseguitori, avrebbero provocato delle profonde voragini larghe quanto la strada e profonde una quindicina di metri. Aveva programmato un’esplosione ogni cento metri, a terra avrebbero dipinto delle linee blu, ogni volta che ne avrebbe superata una avrebbe premuto il telecomando e alle sue spalle ci sarebbe stata l’esplosione, lui si sarebbe trovato ogni volta alla giusta distanza di sicurezza.

«Ivan tu aspetta qui, hai la sonda sopra di noi? »

«Si. Ha viaggiato insieme a noi a duecento metri d’altezza. »

«Fai in modo che ci veda, dacci ogni volta il via libera se attorno a noi non c’è nessuno, creeremo un po’ di danni stanotte. »

«Va bene Jay. Compito semplice. »

«Controlla bene prima di darci il via libera, non ci deve vedere nessuno e ci muoveremo veloci. »

«Ho capito. C, attiva la rilevazione termica e traccia sempre l’impronta termica. Dammi il tattico sul telefono. Ok, Jay, ho tutto pronto, appena scendete la sonda vi seguirà. »

«Ragazzi pronti? Andiamo. »

Passarono cinque minuti e furono di ritorno. Avevano lavorato ad una velocità incredibile. Salirono nella Cinquecento e si diressero in Piazza Venezia.

«Ivan manda la sonda sulla prima carica esplosiva piazzata da Antonio. »

«Eseguo Jay. C, hai sentito? Sonda sulla prima carica. »

«Mi serve un campo libero di venti metri per sicurezza, dammi il via appena pronto. »

«Ok, due passanti, si stanno allontanando, ecco sono fuori. »

«Vai Antonio. Prima carica, fuoco. »

«Eseguito. »

Dopo qualche secondo cominciarono ad udirsi delle sirene, era la polizia che interveniva.

«Seconda carica, campo libero. »

Una seconda voragine si aprì su una strada di accesso a Via dei Fori Imperiali. Passavano anche auto di carabinieri e vigili urbani dirette a sirene spiegate verso il luogo della seconda esplosione.

«Terza carica campo libero. »

Una terza voragine. Roma impazzì, le forze dell’ordine non sapevano più cosa fare, di conseguenza evacuarono tutta l’area interessata.

«Quarta carica campo libero. »

Alla quarta esplosione si videro arrivare da Via dei Fori Imperiali una torma di persone che scappavano, l’area si stava svuotando, ebbero campo libero per le altre cariche. Tutte le strade di accesso furono devastate e si aprirono delle piccole voragini, profonde un paio di metri e larghe altrettanto. Era impossibile accedere all’area del Colosseo. Fu completamente evacuata e transennata. I danni non erano gravi e i media stavano già parlando di attentati dimostrativi da parte di anarchici o terroristi. Tutti i politici si preoccuparono di andare a fare le loro inutili dichiarazioni in Tv ed il Sindaco arrivò in pompa magna con l’aria di chi dice “ora ci penso io a risolvere tutto”, anche se nessuno aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo.

«Ok ragazzi, possiamo andare, che ne dite di una visita ad un ristorante a Trastevere? »

L’idea di Jay fu accolta con entusiasmo da Titus ed Ivan mentre Antonio disse che voleva fare una passeggiata a piedi. Si sarebbero rivisti alla base più tardi. Si separarono.

Antonio, senza pensarci troppo su, come preso da uno stato di trance, si diresse alla periferia di Roma, in direzione della sua antica fattoria, gli sembrò di aver preso la strada giusta anche se aveva letto Via della Magliana, ormai niente gli sembrava più familiare a Roma, fino a quando sentì la voce di un bambino “papà, papà.” chiamava, si girò e vide due palazzoni, enormi, bianchi, ed un bambino in pigiama affacciato ad una finestra. Nonostante l’ora tarda era sveglio ad aspettare suo padre. “Edulis” sospirò. Erano secoli che non pronunciava il nome di suo figlio. “Edulis mi manchi.” la commozione gli bagnò gli occhi, non ebbe nemmeno la forza di asciugarli. Si girò e si allontanò dalla strada, prese per i campi e per un attimo ebbe la sensazione di essere ancora nella sua Roma, i campi erano abbandonati e pieni di sporcizia come sempre. I Romani avevano altro a cui pensare. Arrivato sopra una collinetta vide ad un centinaio di metri il rudere di una chiesa. La riconobbe. La Chiesa del vecchio prete, era sempre stata un rudere, non si meravigliò. Si fermò tra le pietre per un’ora, si inginocchiò a pregare per i suoi cari, fu alla fine della preghiera che un passero atterrò davanti a lui e lo guardò. Il passero non ebbe paura di lui, l’aveva riconosciuto come un giusto. Antonio tese la mano ed il passero le saltò sopra, si fece accarezzare. Ogni carezza fu taumaturgica per Antonio. Stava provando la serenità. Stava lasciandosi definitivamente alle spalle il suo passato di uomo. Ora aveva un’altro compito, la difesa degli umani, si, gli umani, per quanto ne sapeva anche quel bambino che chiamava suo padre poteva essere un suo discendente. “Grazie Kenway Elkal, non mi avevi detto tutto, non mi avevi spiegato come mi sarei sentito. Non mi avevi preparato a questo. Grazie Terzo Nato, ho sempre avuto e sempre avrò una famiglia a cui badare. Grazie amico Julius.

Era notte quando Antonio rientrò, erano tutti ad aspettarlo preoccupati, sapevano dov’era andato e nessuno ebbe il coraggio di dire una parola. Solo Autumn gli si avvicinò e gli chiese se voleva parlarne. Antonio fece di si con la testa ed uscirono insieme dalla villa, si allontanarono attraverso i campi. Ivan per rispetto oscurò la ricezione di Computer. Antonio aveva la privacy che lo aveva sempre contraddistinto. Li rividero solo per colazione. Antonio era raggiante

Catastrofe a Roma

Italia. Roma. Piazza San Pietro. 12 Aprile 2013. Ore 2:26.

Ormai era tutto pronto. Le autorità avevano chiuso al traffico Via dei Fori Imperiali. Di notte, c’era presente solo una pattuglia di vigili urbani semiaddormentati a presidiare l’accesso da Piazza Venezia. Jay si era appostato sul tetto della Basilica di San Pietro sul lato che dà all’interno dell’enclave Vaticana. Da quella posizione riusciva a vedere l’ufficio in cui si trovava il telefono.

I Legionari erano piazzati a presidio di Ponte Sant’Angelo e del Ponte Vittorio Emanuele II, che portavano in via della Conciliazione. Milo pattugliava nella sua armatura volante tutta l’area mantenendosi ad un’altezza adeguata. Ogni cosa era pronta per la telefonata. Se tutto fosse andato bene Nilus Blackhill neanche si sarebbe accorto di essere stato catturato. Poi Jay avrebbe deciso cosa fare di lui.

Jay telefonò. Al secondo squillo sentì una voce nell’auricolare.

«Ivan a Jay. Ho rilevato una deviazione di chiamata, la sto tracciando. Trovato, Piazza Venezia, angolo con Via del Plebiscito. »

«Grazie Ivan, mandami una sonda per guidarmi, vado. »

«Segui quella che lampeggerà per cinque secondi. »

«Ok, la vedo. »

Si lanciò come un fulmine, correndo sul tetto della Basilica di San Pietro, con un salto si buttò giù e atterrò vicino all’obelisco della piazza. Cominciò la sua corsa attraverso le strade romane. In città non poteva andare al massimo della sua velocità, troppi ostacoli e deviazioni, comunque in una manciata di secondi raggiunse la destinazione.

«Jay ad Ivan. Dov’è? »

Ivan aveva distribuito le sonde lungo tutto il percorso ed aveva attivato la funzione di scansione termica. Quando Nilus controllò il telefono, Computer ne approfittò per memorizzarne l’impronta termica, in questo modo le sonde lo avrebbero potuto riconoscere al buio anche in mezzo ad una folla.

«Sta scappando, va verso il Vaticano, ho la sua impronta termica. »

«Vado. »

«Titus a Jay. Possiamo fare qualcosa? »

«Non muovetevi. »

«Jay a Milo. Controllami i tetti. Da Piazza Venezia a Piazza San Pietro. E… figliolo, resta sempre ad un’altezza di sicurezza. »

«Titus a Milo. Ok, vai, tocca a te. Stai più in alto possibile. »

«Ivan a Computer. Metti una sonda su Milo. »

Ivan nel frattempo si accorse che l’intensità del segnale stava diminuendo.

«Ivan a Jay. Sto perdendo il segnale, forse sta attraversando un’area fredda. Sicuramente è sceso sotto le case, starà percorrendo qualche antica galleria. Ecco, ora è vicino al Tevere. Dovreste vederlo attraversare un ponte. Lo vedete? »

«Antonio ad Ivan. Non vedo niente. Titus hai visto qualcosa? »

«Titus ad Antonio. Si, una bella ragazza passare, macchè. »

«Ivan a Jay. Ce l’ho, ce l’ho, via della Conciliazione. Sarà passato sotto il Tevere. »

«Vado. »

Jay si lanciò a tutta velocità verso Piazza San Pietro. Arrivato all’ingresso della piazza contattò di nuovo Ivan.

«Ragazzo, dov’è? »

«Ce l’ho, ce l’ho, rilevo altre fonti termiche, sono tante. »

«Milo a Jay. Confermo. Sembrano Crawlers armati. »

«Jay ad Ivan. Quanti? »

«Ad una prima stima un centinaio. E’ in mezzo a loro. »

«Jay a Milo. Ne vedi altri? »

«No, sono solo questi. »

«Ivan a Jay. Un momento, un momento, ho rilevato dei grossi condizionatori accesi, ho dei buchi nella mappa termica, a quest’ora non ha senso. »

Ivan, TJ ed Autumn erano dentro lo Shuttle all’interno dell’hangar pronti per la fase di recupero, un paio di minuti e sarebbero stati sul posto. Aspettavano l’ordine di Jay. A bordo avevano tutto pronto. Il cannoncino automatico a ricerca di bersaglio era già posizionato vicino alla botola. TJ indossava la tuta tattica con l’armatura all’interno creata da Ivan, Autumn aveva la sua armatura personale e come arma aveva portato l’arco, aveva con se uno zaino enorme con le attrezzature mediche da battaglia. TJ alle parole di Ivan si allarmò istintivamente, capì che quello che non c’era era più pericoloso di quello che Ivan aveva rilevato.

«TJ a tutti. E’ una trappola, ritiratevi. »

«Jay a TJ. Ancora un minuto e ce l’abbiamo fatta. Un minuto. Eccoli! »

I Primi Nati sciamarono dalle finestre di un edificio situato sul lato sinistro di Piazza Pio XII. Jay si stagliò davanti ai Crawlers, al centro c’era Nilus, si spostavano tutti insieme verso Piazza San Pietro. Appena oltrepassato l’obelisco si schierarono a semicerchio attorno a Jay dividendosi in gruppi di cinque. Jay era il centro del cerchio e su di lui concentrarono tutta la loro potenza di fuoco, non riuscivano a ferirlo ma l’avevano rallentato. A Jay veniva difficile avanzare, quando si spostava loro si riconfiguravano. Dalle loro spalle partivano colpi di bazooka e di mortaio, che stavano danneggiando notevolmente tutto il selciato della piazza, anche l’obelisco stava subendo colpi tremendi. Jay era bloccato. Non lo ferivano ma neanche lo facevano avanzare. Non riusciva a raggiungere Nilus in nessun modo. Se continuava così sarebbe fuggito.

«Milo a Jay. Ti aiuto io papà. »

«Resta in alto, resta in alto, stanno arrivando Titus ed Antonio. Ci siete ragazzi? »

«Titus. Un minuto e siamo da te, solo un minuto Jay. »

«TJ. Maledizione Jay, è una trappola, venite via. »

«Ivan a Milo. Qualcosa sopra di te. Attenzione deltaplani motorizzati. Quattro. »

«TJ. Rientra Milo, rientra. »

«Li posso evitare, vedo la loro direzione. »

«Antonio a Jay. Stiamo arrivando passiamo il ponte e siamo da te. »

«Ivan a Milo. Due figure si sono sganciate, vengono verso di te, scansati, scansati Milo. »

«Sentito Ivan, mi spos... »

Due Crawlers si erano sganciati dai deltaplani e si erano tuffati su Milo, uno dei due mancò il bersaglio e precipitò schiantandosi sopra un tetto, l’altro si avvinghiò a lui e con un’ascia a manico corto cominciò a colpirlo. I colpi erano tremendi, non riuscivano a penetrare l’armatura ma i contraccolpi che Milo stava prendendo lo fecero svenire, precipitò giù con il Primo Nato avvinghiato a lui. Cadde proprio alla fine del Largo degli Alicorni, all’inizio di Piazza San Pietro.

«Ivan. Milo è a terra, Milo è a Terra, abbattuto, ha bisogno di aiuto. »

«TJ. Milo rispondi, rispondi, mio dio rispondi, vai Ivan fai volare questo coso alla massima velocità, andiamolo a prendere. »

Ivan diede l’ordine a Computer, lo shuttle fracassò il tetto dell’hangar ed al massimo della velocità in un attimo fu sopra Milo. A quella velocità la navetta non poteva usare i dispositivi anti intercettazioni, tutti i radar della zona lo illuminarono e misero in allarme le autorità militari e civili.

«TJ. Parlami Milo, parlami, siamo sopra di te, sto venendo a prenderti. »

«Mi...lo.. T....J..... ti.....am… »

«Arrivo, arrivo, cannoncino pronto. Ivan apri la botola. »

«Ivan. Computer dammi il monitor tattico e lancia il frisbee. »

I Legionari avevano appena percorso via della Conciliazione quando dai punti freddi rilevati da Ivan si precipitò fuori almeno una centuria di Primi Nati, che, buttandosi giù dai balconi e dai tetti, li circondò. Alcuni si diressero verso Milo, volevano dargli il colpo di grazia.

Jay, con le spalle all’obelisco, stava cercando di sganciarsi per correre in aiuto di Milo, fu proprio in quel momento che vide arrivare un razzo, saltò per scansarlo ma fu subito abbattuto da una scarica di pallettoni per elefanti, il razzo colpì l’obelisco, danneggiandone fortemente la base. Cominciò ad inclinarsi, prima piano, poi più velocemente, fino a cadere, frantumandosi in mille pezzi. Lo schieramento dei Crawlers si ruppe, Jay ne approfittò per sganciarsi, finalmente poteva correre in aiuto di suo figlio, che aveva bisogno di lui ma quello che vide lo agghiacciò, un Primo Nato stava per finirlo con un colpo d’ascia, si lanciò contro l’assalitore, ma prima che arrivasse vide un oggetto che lo tagliava in due.

«Beccato! Beccato! Nessuno tocca Milo, spara TJ spara. Autumn tieniti pronta per il recupero. » disse concitatamente Ivan quando si rese conto di aver salvato Milo. Quel suo aggeggio volante stava decimando i Primi Nati che arrivavano a frotte verso di loro.

«Ivan a Jay. Nilus è su un elicottero lo sto seguendo con una sonda non lo perderemo. »

«Autumn. Zio non toccare Milo, ti prego non lo toccare, qualunque movimento potrebbe essergli fatale. Ho bisogno di un perimetro di sicurezza per prelevarlo con una barella. »

«Sentito! Ok. Legionari ho bisogno di voi. Subito. »

«Antonio a Jay. Siamo circondati, almeno una centuria di Primi Nati è intorno a noi, faremo di tutto per arrivare da te. »

Jay come impazzito decimava tutti i nemici in arrivo, nessuna tattica, nessuna strategia, usava la violenza allo stato puro. La battaglia infuriava, solo grazie all’arma di Ivan riuscì a mantenere il perimetro al sicuro. Autumn si calò dalla navetta con Adam, che teneva una barella. Senza curarsi di nessuno si inginocchiò davanti a Milo e cominciò ad armeggiare con il suo zaino. Dopo un paio di minuti riuscì a posizionarlo sulla barella. Anche TJ con il cannoncino automatico stava facendo un ottimo lavoro.

«Autumn. Pronta per salire, TJ, Ivan, Jay ho bisogno di copertura totale. Un solo colpo potrebbe essergli fatale. Milo è senza armatura. »

I Legionari avevano la strada sbarrata, avevano ripiegato nell’angolo di un edificio ad L che si affacciava su Piazza Pio XII. Con le spalle coperte avrebbero avuto più possibilità di difendersi. Rimasero stupiti quando si accorsero che davanti a loro c’era una centuria di Bystanders. Non serviva colpire il capobranco, questi erano diversi, più ordinati, più disciplinati e senza le debolezze del branco. Uno di loro si avvicinò con la mano alzata in segno di saluto.

«Sono il Generale Marcus Oldville della Prima Tribù, a capo delle difese di Roma. Ho ricevuto ordine di prendervi vivi o morti. Vi prego di arrendervi. Evitiamo la vostra morte. Mi dispiacerebbe dovervi uccidere. Titus, Antonio, vi prego deponete le armi, vi dò la mia parola: nessuno vi toccherà. »

Fu Antonio che rispose stupito dalle parole del Generale.

«Grazie Generale Oldville ma abbiamo un amico da salvare. Grazie della tua offerta. » concluse alzando la spada in segno di saluto.

Il Generale rispose allo stesso modo, facendo trasparire tutto il suo dispiacere e mestamente rientrò nelle sue file. In un attimo si scatenò la battaglia. Spalla a spalla i Legionari si difendevano bene, solo le loro armature impenetrabili li tenevano in vita.

«Titus a Jay. Siamo bloccati. Appena Milo sale ti do la copertura con le frecce. »

«Ok Titus, ricevuto. Fra 5, 4, 3, 2, 1 vai con le frecce. »

Titus imbracciò il suo arco e cominciò a scagliare le frecce contro i Primi Nati che circondavano Milo. Antonio nel frattempo difendeva Titus con enorme sacrificio, era stato ferito alla coscia sinistra e perdeva sangue, ma questo non lo rallentava. Erano appoggiati in un angolo di una casa e avevano le spalle coperte, non c’era spazio per attaccarli.

Marcus Oldville capì che la battaglia gli stava costando troppo, stava perdendo troppi amici, così decise di giocare una carta diversa. Diede l’ordine.

«Allontanatevi. Armi da fuoco pronte. Fuoco. »

Sui Legionari arrivò una tempesta di fuoco. I proiettili si fermarono sulle loro armature, Titus non sembrava farci caso, resisteva ai colpi senza scomporsi, continuava a scagliare frecce in difesa di Milo che nel frattempo stava salendo sulla barella dentro la navetta. Un proiettile di grosso calibro colpì il suo arco che cadde a terra, si calò per prenderlo e in quell’istante un Primo Nato si abbattè su di lui con l’ascia bipenne da battaglia. Il Bystander ebbe il tempo, prima di essere abbattuto da Antonio, di dare un colpo, un solo colpo, fu abbastanza per Titus, che fu colpito al braccio che gli fu staccato di netto.

«Titus. Ragazzi mi sa che ho perso un pezzo di braccio. »

«Jay. Milo è al sicuro. Piano di fuga. Correte. »

«Antonio. Ok. »

I Legionari cominciarono a correre ma erano indeboliti. Molti li inseguirono. Fortunatamente a quell’ora di notte non c’era traffico, solo qualche romano ritardatario vide sfrecciare davanti a lui due legionari inseguiti da un esercito. Comunque riuscirono ad arrivare in Via dei Fori Imperiali. Antonio tirò fuori un piccolo telecomando, stava attento ad individuare le strisce blu sull’asfalto. Ogni volta che ne passava una premeva il bottone. Alle sue spalle si sentiva un boato, una voragine larga quanto la strada e molto profonda si apriva ed inghiottiva gli inseguitori più vicini, continuò così per altre cinque volte, finchè si trovarono davanti al Colosseo. Con le spalle rivolte al monumento videro arrivare i Bystanders sopravvissuti, erano almeno una cinquantina. Guardarono in alto, doveva esserci la navetta a recuperarli ma sopra di loro splendeva solo la luna e loro due erano esausti, non avevano quasi più forza. Titus era impallidito e impugnava maldestramente la spada con la mano sinistra. Antonio non riusciva più a muovere la gamba sinistra ed era stanco. Dentro lo shuttle, Autumn cercava di stabilizzare Milo, era gravissimo, forse non ce l’avrebbe fatta. Restava solo una cosa da fare. Guardò TJ, che era disperata, decise, non c’era tempo da perdere.

«Zio, vieni qui, distenditi e dammi la tua spada. Tuo figlio ha bisogno di te e del tuo sangue. »

«No! No! E’ troppo pericoloso, ho giurato che non l’avrei mai fatto. L’ho giurato a Rose. »

«O il tuo sangue o muore, è troppo grave. Ne serve poco. Ho bisogno di stabilizzarlo. »

Jay si distese vicino a Milo e gli prese la mano. Autumn incise con la spada la carne di Jay fino ad intercettare una vena. Collegò gli aghi e iniziò la trasfusione.

«Ivan, di corsa a casa, ho bisogno dei miei macchinari per tenerlo in vita, nessuno sbalzo, potrebbe essere fatale. Ha tantissime fratture. Vai con calma, il sangue lo sta stabilizzando. »

«Computer ad Ivan. Missili in arrivo, due, testate ad alto potenziale, puntatura laser ed a ricerca di calore. Modello R-4T di origine Russa. Velocità max 1.6 Mach. »

Ivan elaborò tutte le alternative, la vita di Milo era la priorità. La navetta avrebbe resistito senza problemi ai missili ma il contraccolpo avrebbe ucciso Milo sicuramente. Senza pensarci oltre fece l’unica cosa che poteva fare.

«Computer manda il frisbee a prendere i Legionari. Adam unisciti all’armatura di Milo e fammela indossare. »

Jay ascoltò gli ordini, fu preso alla sprovvista, restò scioccato da quello che aveva sentito, intervenne.

«Ivan stai a bordo, è troppo pericoloso fuori, già Milo è morente non posso rischiare pure la tua vita, ti devo proteggere, vado io. » e cercò di alzarsi.

«C’è bisogno di te qua, zio. Senza di te perdo Milo. »

«Lascialo andare Jay, ce la farà, è troppo intelligente per fallire. » aggiunse TJ, e fino a quel momento aveva avuto sempre ragione.

Ma già Ivan era fuori.

«Adam crea del calore per attirare i missili. »

Adam creò una forte scia di calore, i missili puntarono su di loro.

«Dammi massima potenza su richiesta. »

Sfrecciò verso il centro di Roma ad altissima velocità.

«Ivan abbiamo superato Mach 1. »

«Vai Adam. Aumenta ancora la velocità, dobbiamo separare i missili. »

I Romani quella notte videro tre missili sfrecciare sulle loro teste. Ivan iniziò una serie di virate fino a che i due R-4T si distanziarono di un paio di Km uno dall’altro, appena avuta la conferma di Adam si diresse sul Colosseo, entrò in picchiata a circa 200 metri dai Legionari lungo Via dei Fori Imperiali, appena fu a qualche metro dal suolo Adam virò, fortunatamente il suo campo gravitronico attutì l’accelerazione dovuta alla virata, il primo R-4T si schiantò sul secondo gruppo di Bystanders che si erano salvati dalle voragini e che erano rimasti indietro. Un’esplosione fece saltare in aria la strada per circa 100 metri, si aprì la voragine più profonda che Roma avesse mai visto, dei Primi Nati non rimase traccia. I Legionari erano esausti. Titus non riusciva a combattere, era troppo debole per il sangue che aveva perso. Non c’era stato il tempo di fermare l’emorragia dal braccio amputato. Antonio a sua volta si stava indebolendo, la ferita alla coscia continuava a sanguinare, sarebbe bastato qualche secondo per fasciarla ma anche lui era stato impegnato quella sera, sperava nella sua capacità di auto rigenerarsi, ma per farlo c’era bisogno di stare a riposo. Il gruppo di Bystanders attaccò, si difesero a stento grazie alla loro antica disciplina di Legionari. All’improvviso un ordine interruppe l’attacco. Videro il Generale Marcus Oldville avanzare verso di loro.

«Legionari, sapete che questo è l’ultimo attacco. So che non vi arrenderete. Prima dell’ultimo attacco volevo tributare l’onore delle armi ai due più grandi eroi che i Secondi Nati abbiano mai avuto. » si girò verso la sua truppa e diede l’ordine di presentare le armi con il massimo rispetto.

«Spero di riuscire ancora a dormire dopo questo. Addio Legionari. »

«Addio Generale. » rispose Antonio e parlando con Titus.

«Fratello, ancora una volta insieme, un’ultima volta, lei ti sta aspettando. »

Titus sorrise alle parole di Antonio, era felice, felice di riunirsi alla sua amata, era sicuro che lei fosse vicino ad aspettarlo.

«Sto arrivando Adsullata, sto arrivando. » sospirò Titus.

In quel momento la combinazione di sonde che Ivan chiamava frisbee si fermò sopra i Legionari.

«Ivan a Legionari. Ragazzi, afferratela vi porterà a casa. Io ho da fare. »

Antonio si afferrò alla sonda, prese Titus per la cintura ed in un attimo furono in volo. I Primi Nati impugnarono le armi da fuoco e stavano mirando quando il loro Generale li bloccò. Fece un gesto di saluto ad Antonio e gridò.

«Ti aspetto per un caffè. »

«Offro io. » rispose Antonio ad alta voce.

La sonda si diresse velocemente verso la loro base romana.

TJ con l’aiuto di Computer guidò lo Shuttle fino alla base. La botola si aprì e Jay prese la barella con Milo, delicatamente la trasportò dentro la villa e la mise al centro di una serie di macchinari medici che erano stati montati da Nick. Autumn non potè far altro che indurre Milo in un coma farmacologico, aveva fratture in ogni parte del corpo, solo grazie alle proprietà miracolose del sangue di Jay era sopravvissuto.

«Cara TJ, Milo è fuori pericolo, è stabile, devo operarlo ma per farlo ho bisogno delle attrezzature della base. Ha lesioni gravissime ovunque e temo per le sue gambe. Per ora non posso far altro. Lasciamolo riposare e riposati pure tu. »

Nel frattempo la sonda che trasportava i Legionari arrivò alla base. Jay corse fuori e si rese conto che Titus era gravissimo, non dava segni di vita. Lo trasportò dentro. Autumn lo rianimò, il cuore cominciò a battere di nuovo, debolissimo, Titus era quasi dissanguato, aveva bisogno immediato di una sacca di sangue, sarebbe morto diversamente.

«Zio! Vieni qui per favore, stiamo perdendo Titus. Scusami se ti taglio di nuovo. »

«Ivan a Base. C’è nessuno? dove siete? Rispondete per favore. »

«Sono Nick. Ti seguo io. »

«Nick? dove sono gli altri? »

«Sono in infermeria, Titus e Milo stanno molto male. Rientra Ivan, rientra. »

«Non posso, ho ancora un R-4T che mi segue, so a chi consegnarlo. »

«Jay ad Ivan. Rientra per favore, abbandona, abbandona. »

«Ivan a Jay. Stai tranquillo, ho tutto sotto controllo. So cosa fare esattamente. Fidati di me. »

Jay si fidava di Ivan ma aveva paura per la sua incolumità. Non avrebbe mai più potuto guardare in faccia Anne se gli fosse successo qualcosa, per quella notte ne aveva avuto abbastanza, Milo in fin di vita, Titus appeso ad un barlume di vita. Mezza Roma distrutta.

«Ivan. Lo vedo, vedo l’elicottero di quel bastardo. »

«Nick. Vai Ivan, vai. »

Ivan si diresse sotto la pancia dell’elicottero, aspettò che il missile lo agganciasse e solo in quel momento si lasciò cadere giù. Un’esplosione illuminò il cielo tra Ardea ed Aprilia.

«Nick. Grande Ivan. Grande. Però ora rientra per favore. »

«Computer rileva i resti dell’elicottero. »

«Computer ad Ivan. Una squadriglia di sei Tornado intercettori si è alzata in volo. Due minuti al contatto. »

«Ok, fammi vedere cosa hai rilevato. Bene. Quell’oggetto quadrato prendiamolo. » Si diresse giù fra un gruppo di rottami e trovò una valigetta con una catena attaccata, all’altra estremità quello che restava di un braccio.

«Taglia Adam, taglia per favore. »

Un braccio di Adam tagliò la catena e separò la valigetta dall’arto bruciacchiato.

«Ok Adam, possiamo andare. »

«Computer ad Ivan. Siamo stati intercettati. Ci ordinano di atterrare a Ciampino. Hanno i missili pronti. »

«Non rispondere Computer. »

Ivan vide la squadriglia di Tornado alle sue spalle, decise di dirigersi verso il centro di Roma. Lì i piloti non avrebbero sparato di sicuro. Atterrò alle Terme di Caracalla e si diresse correndo alla base. Il suo calore si confuse con quello delle auto ed i Tornado persero il contatto.

Con il sangue di Jay che cominciava a circolare nel suo corpo Titus migliorò quanto bastava per tranquillizzare tutti. Autumn curò il braccio amputato di Titus come meglio poteva, lo fasciò delicatamente ed alla fine guardò i monitors.

«Zio! penso che per oggi non mi servi più, vai a riposare, ti ho tolto troppo sangue. »

Guardò con un sorriso Antonio, fu un attimo, la sua espressione cambiò, vide una grossa macchia di sangue sul pavimento. Antonio era rimasto fermo a guardare Autumn all’opera. Pregava per Milo e Titus noncurante della sua ferita che aveva ritardato a rimarginarsi.

«Grazie Dio! » e svenne.

Autumn si precipitò su di lui.

«Stupido uomo, che hai fatto? Prima sempre gli altri per te. »

«Zio, zio, non hai finito, vieni qui, Antonio è ... »

«Salvalo Autumn, salvalo. »

Jay si ritagliò il braccio da solo questa volta, cominciava ad essere debole, ma non gli importava.

«Salva Antonio, fai quello che devi. »

Antonio costò troppo a Jay, che alla fine svenne. Il Terzo Nato aveva donato quasi tutto il suo sangue ai suoi amati. Lui si sarebbe ripreso presto, era molto diverso dai Primi Nati. In un paio di giorni sarebbe stato forte come prima.

Ivan arrivò correndo alla villa, era sovreccitato per quello che aveva fatto, gli sembrava un sogno: volato, inseguito da missili, da aerei, distrutta Roma, abbattuto un elicottero, corso per strada alla velocità di una Ferrari. Nelle sue vene il sangue era adrenalina pura, il cuore gli batteva all’impazzata, non riusciva a stare fermo. Entrò. Nessuno tranne Nick gli venne incontro. Notò una brutta aria. Li vide tutti in fondo al salone.

«Mio Dio, Milo, come sta Milo? »

«E’ in coma indotto. E’ grave ma stabile, è fuori pericolo, Autumn cerca di evitare danni permanenti.» gli spiegò Nick.

«Per la miseria, Titus, Antonio, Jay, che è successo? »

Jay lo vide, gli fece un cenno con il pollice per dirgli bravo, poi si addormentò. Ivan si diresse verso i lettini, abbracciò TJ che era seduta tra Milo e Titus, era terribile vederla così. Autumn stava accudendo ancora Antonio chiamandolo “Stupido uomo” quando lo vide. Gli si avvicinò per vedere come stava.

«Autumn non so che dire, sono... Adam, toglimi l’armatura... sono... mi gira la testa, penso che mi siede…»

Nick non lo lasciò cadere a terra, Autumn fu subito su di lui, capì cosa aveva. Lo imbottì di tranquillanti e lo mise a dormire. Quel ragazzo stanotte aveva fatto cose leggendarie. Si meritava il riposo.

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