Nel 491 ab urbe condita (263 a.C.), durante l’inizio della Prima Guerra Punica, Titus Umbrius, centurione della IV Legione romana in Sicilia, si innamora di Himilkat, sacerdotessa cartaginese prigioniera, sfidando le leggi di Roma. Il loro amore, segnato da un giuramento sotto un ulivo – “Fino alla morte e oltre” – e dalla tragica morte di Himilkat sul fiume Himera, diventa leggenda tra i Siculi come la Tomba della Ninfa del Fiume. Titus, accusato di diserzione, affronta un viaggio verso Roma con l’amico Antonio Hennius, culminando nel suo sacrificio: ferisce Antonio per liberarlo dal servizio militare e viene giustiziato. Riunito a Himilkat nell’aldilà da Imera, Demetra e Kore, Titus appare ogni 21 agosto sulla tomba, un simbolo di amore eterno venerato dagli sposi siculi.
La leggenda degli amanti del Fiume
All’ombra di un ulivo antico, a ridosso della riva
del fiume Himera, che scorre tra le colline di Henna e divide le terre
coltivate dai boschi selvaggi della Sicilia, esiste una tomba, molto antica,
con un’incisione ancora leggibile: “HIMILKAT Titvs Vmbrius.”, accanto a un
ramoscello d’ulivo scolpito nella roccia.
Questa tomba è conosciuta, tra i Siculi, come la
Tomba della Ninfa del Fiume. Da quando la storia si diffuse, pochi giorni dopo
la morte di Himilkat nel 491 a.C., le genti del luogo sostengono di aver visto
il fantasma di un legionario romano, la cui armatura scintilla di riflessi
azzurri come le acque del fiume Himera, che all’alba di ogni 21 agosto, il
giorno sacro a Demetra e Kore, dee di Henna, di ogni anno di ogni secolo, rende
omaggio alla sua amata posando un ramoscello d’ulivo sulla tomba, accompagnato
dal profumo di fiori selvatici che sbocciano solo in quel momento.
Tutti gli sposi della zona, dopo la cerimonia, si
recano alla Tomba della Ninfa del Fiume per giurarsi eterno amore, lasciando un
ramoscello d’ulivo come pegno e pronunciando le parole che, si dice, il
legionario sussurra nel vento: “Fino alla morte e oltre.” Si narra che chi
compie questo rito sarà benedetto da Imera, la ninfa del fiume, e protetto
dall’amore eterno delle dee.
La leggenda nasce da una storia vera, tramandata dai
Siculi che videro l’intervento divino di Demetra, Kore e Imera. Durante la
Prima Guerra Punica, un centurione romano di nome Titus Umbrius si innamorò di
una sacerdotessa cartaginese, Himilkat, prigioniera del suo Legato. Il loro
amore era proibito, ma puro. Una notte, sotto un ulivo vicino a Henna, mentre
fuggivano verso la libertà, Himilkat, tremante di paura, gli chiese: «Se
dovessi morire in questa terra, verrai a trovare il mio corpo, come venivi a consolarmi
quando ero prigioniera? Sapere che eri vicino, che mi amavi, mi dava la forza
di andare avanti.» Titus rispose. «Lo giuro,» disse, la voce incrinata. «Fino
alla morte e oltre.»
Ma il destino fu crudele. Sul guado del fiume
Himera, una freccia romana trafisse Himilkat, e il suo sangue si mescolò alle
acque del fiume. Titus la seppellì lì, incidendo la roccia con il suo nome e un
ramoscello d’ulivo, simbolo del loro amore. Imera accolse l’anima di Himilkat,
trasformandola in una ninfa, mentre Demetra e Kore consacrarono la tomba. La
storia si diffuse in tutta la Sicilia, e dopo, quando Titus morì a Roma, si
dice che Imera lo riunì alla sua amata, permettendogli di tornare ogni anno per
onorare la sua promessa.
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